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ALBANO LAZIALE
- Un soggetto di nome GM nel 1999 viene fermato in un posto di
blocco e gli si chiedono i precedenti penali. In questo modo
egli apprende dalla polizia di essere stato processato e
condannato per furto nel 1996.
Ritenendo tale sentenza ingiusta, giacché estraneo al fatto, si
rivolge ad un legale per attivare un'azione di ricorso, volta
alla cancellazione della sentenza stessa, dal proprio casellario
giudiziale.
In prima istanza, il legale di fiducia si rivolge alla Corte di
Appello di Perugia che rigetta l'istanza, ritenendo il
ricorso inammissibile perché si deve procedere con altro rito.
Il legale di fiducia di GM, ricorre allora davanti alla Corte di
Cassazione, che individua nell'art. 130 cpp il rito da seguire.
Ha così annullato l'ordinanza impugnata e disposto la competenza territoriale del Tribunale di Velletri.
Il giudice di Albano Laziale, sezione distaccata del Tribunale
di Velletri, dispone allora, in primis, un tentativo di
ricostruire l'identificazione del secondo GM, ricorrente.
Convoca i carabinieri che nel lontano 1996 avevano arrestato e
fatto processare per direttissima il primo GM (patteggiando la
pena della condanna per furto e venendo rilasciato libero alla
fine dell'udienza stessa), ma senza successo.
Difatti, i carabinieri, poiché all'epoca del fatto non era stata
eseguita un'identificazione segnaletica, dopo quasi quindici
anni di tempo, non erano oggettivamente in condizioni di
ricordare la fisionomia dell'attuale ricorrente se corrispondeva
a quella dell'eventuale omonimo arrestato nel 1996.
Data l'impossibilità di ciò, il giudice disponeva allora una
prima perizia grafologica, nominando la dottoressa R, al fine di
verificare la paternità delle firme apposte dal primo soggetto
GM, sul verbale di sequestro e di arresto.
Questa perita -come si legge nella sentenza- "concludeva per la
riconducibilità delle firme all'odierno ricorrente, dando atto
che esse erano prodotto di dissimulazione, questo giudice -si
legge sempre nella sentenza- ritenuto l'elaborato pregevole ed
accurato, tuttavia osservava che in esso non era stato dato il
dovuto rilievo all'indicazione degli elementi costanti, tra le
firme in verifica e quelle assunte nel saggio grafico del
ricorrente. Il giudice allora, disponeva un rinnovo di perizia,
nominando il dott. Saverio Fortunato, che -si legge in sentenza-
"nell'elaborato depositato il 14.4.2010 acquisito in atti con il
consenso delle parti, previa ricerca a mezzo Guardia di Finanza
di sottoscrizioni coeve rispetto all'epoca dei fatti, concludeva
per una diversità di mano, tra l'autore del furto poi condannato
(nel 1998), non generalizzato che apponeva le firme contestate e
l'odierno ricorrente.
Prosegue il giudice nella sentenza: "Dunque l'elaborato del
dott. Fortunato, privo di vizi logici e formali, consente
l'accoglimento del ricorso con la conclusione che la sentenza
del Pretore di Albano Laziale n ° 1/96 del 8.1.96, definita il
7.3.1886 non può ritenersi emessa nei confronti di GM odierno,
bensì nel confronti di un terzo soggetto ignoto perché non
identificato".
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